lunedì 11 settembre 2023

L’ALTRO 11/09: IL GOLPE CILENO

Jorge Alessandri
Nel secondo dopoguerra il Cile era attanagliato da una profonda crisi economica e sociale. Il potere finanziario restava nelle mani di poche persone e, dal punto di vista politico, le forze comuniste erano state escluse dalla scena negli anni cinquanta, per via di  pressioni americane oltre che per  l’opera del blocco di centro-destra. 
All’inizio degli anni ’60 il rappresentante di quest’ultimo  schieramento era Jorge Alessandri, presidente dal 1958 al 1964, convinto sostenitore dei governi “tecnici”, ossia succubi delle lobby; sotto la sua guida il paese rimase bloccato e furono in particolar modo i contadini a pagarne le spese, soprattutto dopo il terribile terremoto del ’60, evento catastrofico che tuttavia non impedì lo svolgimento dei mondiali-parata nel ’62. Al termine del suo mandato tentò di riformare le istituzioni repubblicane in senso autoritario, ma il progetto fallì per l’opposizione di comunisti ed radicali. Il suo successore, Montalva, portò avanti alcune timide riforme, ma senza modificare gli equilibri di potere e gli squilibri economici che caratterizzavano il paese. 
Le elezioni del ’70 furono molto combattute: il socialista Salvador Allende ottenne il 36% dei consensi, il cristiano democratico Tomic il 27,9% ed Alessandri il 31,6%. Secondo la Costituzione cilena doveva essere il Congresso a scegliere il presidente tra i due con i maggiori voti, ed in precedenza era stato designato sempre il candidato con la maggioranza relativa, tuttavia in quella occasione il centro-destra ed i poteri economici si scagliarono contro Allende, appoggiati anche dalla pressione americana, ma non riuscirono a bloccarne l’elezione. 
Durante la sua presidenza, Allende procedette ad una lunga serie di nazionalizzazioni (anche tramite espropri), migliorò l’assistenza sanitaria e l’istruzione pubblica, tentò di incrinare lo strapotere dei grandi proprietari terrieri e si dedicò ad altre opere d’aiuto nei confronti delle classe più umili. Dal punto di vista economico e sociale i successi di Allende furono immediati e notevoli, tuttavia, dopo qualche anno, si ebbero dei contraccolpi negativi, ancora oggi eccessivamente enfatizzati dai critici di area liberista; ciò è provato dal fatto che le elezioni parlamentari del ’73 segnarono un aumento dei consensi.
Salvador Allende
 
 I nemici di Allende (centro, destra, Chiesa, americani, lobbisti  professionisti, proprietari, imprenditori) non volevano accettare altri tre anni di governo socialista e tentarono così di impadronirsi del potere nel ’72, ma senza successo. Nel ’73 aumentarono le azioni di protesta create ad arte per generare caos, e così fu, fin quando i parlamentari di centro-destra non si appellarono ai militari per riportare l’ordine in Cile, prospettando un’imminente guerra civile che però non si sarebbe mai concretizzata senza le azioni di disturbo orchestrate da quelle stesse fazioni che invocavano stabilità. 

L’11 settembre 1973, l’esercito guidato dal futuro dittatore Pinochet attaccò il palazzo presidenziale con un’azione congiunta aerea e terrestre; nell’assalto perse la vita lo stesso Allende, probabilmente ucciso per evitare una scomoda prigionia, anche se la versione ufficiale afferma che il presidente socialista si sia suicidato con il suo Ak-47. 

Il coinvolgimento americano negli eventi dell’11/09 è praticamente indubbio: già nel 1970 gli Usa avevano cercato invano di rovesciare il governo democraticamente eletto (in quella occasione morì il capo di stato maggiore cileno, rimasto fedele ad Allende) ed il segretario di stato Kissinger non fece nulla per nascondere l’astio americano nei confronti di un governo socialista; gli Usa si adoperarono per fornire il necessario supporto preliminare all’attacco del ‘73. Gli Stati Uniti avevano contribuito al caos cileno con la sospensione dei rapporti bilaterali e la fraudolenta alterazione del mercato di rame (il cui prezzo crollò negli anni del governo Allende), senza contare la sterminata serie di riunioni nelle quali Nixon e Kissinger programmarono azioni avverse ad Allende;  successivamente al colpo di stato molti alti funzionari della dittatura divennero informatori della C.i.a. (alcuni di loro si macchiarono di terribili reati contro i civili) e furono ampiamente “ricompensati” per il loro operato.
Pinochet in uniforme
La dittatura Pinochet fu tra le più dure del dopoguerra: i partiti di sinistra furono soppressi, così come i sindacati; gli oppositori uccisi furono circa 50 mila; più di mezzo milione di persone furono torturate; i tagli al welfare ed alla sanità gettarono la popolazione nelle miseria e nella sofferenza; il debito estero del paese schizzò negli anni della dittatura, consegnando il Cile nelle mani della finanza internazionale. Gli americani tornarono a finanziare il paese e finsero di biasimare i metodi violenti di Pinochet solo per questioni di facciata, senza fare mai nulla di concreto per opporsi.

La sua dittatura servì da spauracchio per tutti quei paesi che potevano pensare di intraprendere un cammino di socializzazione e protezione contro le élite della finanza. 

Oltre agli americani, Pinochet ha potuto contare sull’appoggio della Thatcher, della Chiesa e di un gran numero di paesi europei interessati al commercio di armi con il Cile. L’esempio cileno stimolò una profonda riflessione in seno ai partiti comunisti europei;  Berlinguer comprese che nel paese del Sud America il mancato accordo tra centro e comunisti aveva dato spazio alle forze di destra, dunque tentò un difficile avvicinamento all'area di “sinistra” della D.C., ricevendo un avallo da parte di Aldo Moro. Tutti noi conosciamo la fine di quest’ultimo e della sua idea politica, stroncata insieme alla sua vita chissà di chi...
L’11/09 del 1973 è una data che tutti noi dovremmo ricordare; in quel giorno il mondo è cambiato, si è innestata la paura, si è allontanata l’alba di una giustizia sociale ed economica; un altro evento cruciale c’è stato l’11/09 del 2001, quando un attacco aereo sul suolo americano ha condizionato anche la nostra percezione della sicurezza ed il nostro amore per la libertà, vista come un mito da sacrificare in nome di una fragile sopravvivenza e della cessioni dei nostri diritti. 
Chissà cosa ci riserverà, dunque, il prossimo 11/09…