venerdì 2 febbraio 2024

LA SCELTA DI JAVI POVES - IL CALCIATORE RITIRATOSI PER NON CORROMPERE LA PROPRIA ANIMA


Nel nostro immaginario i calciatori rappresentano quanto di più possibile lontano dall'intelligenza, dalla cultura e dalla sensibilità, ma chissà perché siamo sempre pronti ad osannarli come eroi moderni, lodandone le gesta. Il calcio, ormai, ha raggiunto un livello di spettacolarità bassissimo, unito ad una tensione sempre maggiore, sia all’interno che all’esterno del rettangolo di gioco; aggiungiamoci gli scandali che lo accompagnano da tempo ed otterremo uno sport svuotato di ogni contenuto e valore. Certo, si deve ammettere che questo declino non può appartenere unicamente al soccer, ma bisogna estenderlo ad ogni altro sport che abbia raggiunto un’ampia diffusione (e quindi valore economico) ed un livello di professionismo tale da renderlo l’opposto del divertimento, sia per chi lo gioca che per gli spettatori: il ciclismo, la boxe, l’automobilismo, il basket, il cricket, l’atletica, sono tutti sport che a latitudini diverse hanno raggiunto una diffusione mondiale, ma al contempo sono stati colpiti sa scandali di origini varie.  

All’interno di questo vortice di soldi e distrazione di massa, talvolta, una singola scelta può apparire quasi rivoluzionaria. Ci riferiamo ad Javi Poves, ex calciatore dalla storia particolarissima. Cresciuto nel glorioso Atletico Madrid, difensore di buone prospettive, affronta tutta la gavetta necessaria alla sua formazione professionale, arrivando ad esordire in prima divisione nel maggio 2011. Il 19 luglio dello stesso anno la clamorosa decisione di ritirarsi dal calcio giocato, ad appena 24 anni, con davanti a sé una possibile carriera di ottimo livello. Cosa ha spinto Javi a fare questa clamorosa scelta?


Il giovane difensore in precedenza aveva rifiutato l’auto offertagli dalla squadra di club al momento del rinnovo contrattuale, affermando di non averne bisogno e ritenendolo un lusso superfluo, dato che ne possedeva già una; per quanto possa apparire ovvia e poco strana questa decisione è giusto ricordare come i calciatori spesso facciano collezione di autovetture, per una questione d’immagine più che di utilità e di certo non sono soliti rifiutare offerte di beni, anzi. 
Dopo poco aveva richiesto che lo stipendio non gli venisse più accreditato tramite bonifico bancario, perché il sistema finanziario, secondo Javi, si avvale di numerose storture finalizzate alla speculazione ai danni della povera gente e dunque non voleva favorire questa truffa.
Arriviamo quindi al momento del ritiro, accompagnato da parole durissime sul mondo del calcio e sul capitalismo in generale: 

Più conosci il calcio, più ti rendi conto che è tutta una questione di soldi, che è marcio, e questo ti toglie l'entusiasmo.[…] Il calcio professionale è solo denaro e corruzione. Il calcio è capitalismo e il capitalismo è morte. Non voglio più far parte di un sistema che si basa su ciò che guadagna la gente grazie alla morte di altri in Sudamerica, Africa o Asia. A cosa mi serve guadagnare tanto se quello che ottengo è frutto della sofferenza di molta gente? La fortuna di questa parte del mondo esiste solo grazie alle disgrazie del resto. 

La riflessione prosegue anche sull’educazione impartita ai giovani calciatori, finalizzata all’odio ed alla competizione sfrenata e totalmente deresponsabilizzata da ogni valore ed obiettivo di esemplarità:

Da quando siamo piccoli veniamo trattati come bestie, ci istigano alla competizione e quando si raggiunge una certa età, poi è difficile tornare indietro. Finché la gente continua ad accettare il sistema che esiste non sarà facile cambiare le cose. Voglio vedere cosa succede nel mondo, andare nei posti più poveri per capire le difficoltà del mondo. 

La sua scelta dunque è questa, girare il mondo per capirne davvero l’essenza, andando lì dove c’è più povertà, dove gli uomini vengono sfruttati per creare il nostro benessere. Javi spiegherà in seguito che la scelta è scaturita dalla volontà di non prostituirsi intellettualmente (così come fanno le persone nel 99% dei casi) scegliendo una strada tutta in salita rispetto ad una discesa che però lo avrebbe ucciso nell’anima. 

In conclusione,  riflettiamo sulla sua scelta: se un ragazzo di 24 anni ha deciso di mollare soldi, gloria, successo, in nome di valori umani più alti e nobili, cosa possiamo fare noi nel nostro quotidiano per emulare un tale gesto? Potemmo cominciare a dubitare di tutto, dei falsi miti e delle mode, mettendo alle corde i poteri desiderosi di imprigionarci nella mediocrità più totale; potremmo scegliere di non prostituirci intellettualmente, di rispettarci come persone e rispettare chi ci circonda, non basando il nostro successo sulle sofferenze altrui.
Non possiamo fare tutto, possiamo fare tanto, iniziamo subito, prima di essere sconfitti e sopraffatti da una letale assuefazione all’indifferenza. 

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